Ginepro in stile ‘netsuranari’

Tra gli stili ‘classici’ vi è il netsuranari, ossia ‘radice strisciante’; rappresenterebbe un albero che, caduto a terra per una qualche ragione (smottamenti di terra, agenti meteorologici etc.), riesce a sopravvivere tanto da emettere radici dal tronco caduto (in pratica viene fuori una margotta); i rami  sopravvissuti allo schianto (saranno ovviamente presenti sul lato contrario a quello impattante col suolo) diventano dei tronchi con rami propri; in sostanza è come se fosse una ceppaia o un bosco le cui radici sono ormai fuse tra loro e pertanto le regole di composizione prospettica saranno le stesse di un bosco, ma la differenza è che il movimento sarà comunque limitato in quanto i diversi tronchi saranno saldamente ancorati al tronco-radice.

Non ho mai tentato questa strada, ma questo ginepro è ‘predestinato’ (la foto fa più pietà del solito…).Immagine

 

Per prima cosa preparo il vaso (in plastica) forandolo in vari punti per semplificare l’ancoraggio e per favorire il drenaggio (non lo si crederà, ma i vasi bassi sono quelli che drenano meno):

Immagine

Subito dopo faccio passare un po’ di fili per l’ancoraggio della pianta e del vaso in cui stanno le attuali radici.

Vediamo il ginepro:

Immagine

Come si vede è cresciuto con due grossi rami partenti dalla base ognuno dei quali ha diversi rami che partono dai lati e dall’alto, ma pochissimi che partono verso il basso: situazione a mio avviso ideale per quello che ho in mente di fare (ho identità di vedute con me stesso ^^”… anche perchè se così non fosse non l’avrei fatto).

Naturalmente mi sono dimenticato di fare una foto allo step ‘migliore’, ossia quello in cui scorteccio la parte dei due tronchi che andrà a contatto con la terra. Per cercare di spiegare: presa la foto precedente con un coltellino affilato (un taglierino, un coltello da innesti… basta che tagli bene!) ho inciso la corteccia per tutta la lunghezza creando una zona scortecciata larga circa mezzo tronco e lunga tutto il tronco: dai margini di questa zona (devono essere ben definiti: per questo è necessario usare uno strumento ben affilato) posti a contatto con la terra umida usciranno le nuove radici!

Scortecciata la parte, passo a preparare il substrato: akadama grossa come strato di drenaggio e gran parte di quello di coltivazione. La granulometria grossa stimola l’emissione di radici forti: proprio ciò di cui necessita in questo stadio la mia ‘creazione’. 

Immagine

 

Adagio la pianta sul letto di akadama, lego i fili di fissaggio e ‘sommergo’ tutto con akadama grossa completando l’ultimo strato con akadama media, chiaramente i rami devono stare fuori dalla terra.

Immagine

Come si vede nella foto si intravedono i ‘filari’ di rami futuri tronchi provenienti dai due rami future radici striscianti.

Si nota anche che ho fissato con del filo di rame il vaso contente le attuali radici: se si muovesse questa parte ‘più pesante’ rischierebbe di rompere le radici ‘in costruzione’.

Per un po’ sarà necessario mantenere sempre umida l’akadama (altrimenti il ginepro non emetterebbe le radici) e bagnare anche le radici nel vaso vecchio: sono loro che mantengono tutto in funzione!!

L’obbiettivo è in realtà duplice:

  • ottenere il ‘netsuranari’ costituito da due tronchi caduti e radicati;
  • tenere l’attuale base come ‘altro bonsai’; una volta che i tronchi avranno emesso radici sufficienti per alimentare la composizione si potrà dire addio alle vecchie radici semplicemente tagliando ‘il collegamento’… sarà il momento in cui avverrà la separazione del netsuranari dalla vecchia base di radici che farà da partenza per altro.

A voler ben guardare avrei potuto già mettere il filo ai futuri tronchi per tenerli già diritti, ma voglio vedere prima cosa accadrà: emetteranno radici anche loro senza essere stati scortecciati? Forse potrebbe aggiungere movimento alla composizione… boh!

 

Lascia un commento