Acero ‘contuso’

La storia di questo acero buergeriano (tridente) con me risale a qualche anno fa, credo il 2009 (data desunta a ritroso, ma potrebbe essere il 2010), prima visita al vivaio Piccin; era parte di un gruppo di aceri provenienti dal Giappone e coltivati in campo, cosa confermatami negli anni da esperti (il tronco risulta ‘schiacciato’); non ricordo di preciso il suo costo, ma era molto contenuto (qualche decina di euro) e così dopo essermi guardato attorno, scelsi lui.

Chiaramente zero foto…

Immediatamente la prima cosa che feci fu una pulizia dei rami superflui, poi in primavera e estate lasciai vegetare accompagnando con pinzature; in inverno mi accorsi di un ‘bitorzolo’ sul lato sinistro (perciò a destra delle foto) dovuto al taglio di vari rami sacrificali; quindi a fine inverno (2010) trapiantai e mi accorsi del difetto: aveva le radici che partivano da tre radicone (di quelle che nei manuali vengono definite ‘zampe di gallina’). Ovviamente all’epoca sapevo perfettamente che fare… e così non feci praticamente nulla! Tagliai un po’ le radici e lo infilai in un vaso leggermente più grande, substrato akadama.

Nel 2010 usai il medesimo programma, solo che in autunno effettuai un nuovo rinvaso: decisi di sfidare la sorte scortecciando in parte alcuni pezzi ‘sopra’ ai monconi di radici. Continuavo a guardare male il bitorzolo…

E lasciai passare un altro anno, il 2011. In autunno svasai nuovamente constatando che aveva funzionato: c’erano più radici! Così ecco l’idea geniale: scortecciai altri pezzi come se fossero delle margotte e sotterrai tutto riponendolo nel suo vaso di coccio con akadama grossa a fare da fondo e akadama media a fare da strato di coltura. Stavolta, però, non mi limitai ad osservare il bitorzolo: armato di seghetto a lame fini… zac! Via il bitorzolo aprendo un bello squarcio e pensando “tanto dicono tutti che calla!”… scavai un po’ la ferita perchè dappertutto si legge che “va scavata”… e ora posso dirlo: non ascoltate certe letture!

Proseguì il 2012 con una crescita in parte libera (rami bassi) e parte ben pinzata; nell’autunno successivo non aveva callato chissà quanto… ebbi l’occasione di mostrarlo a Nicola Crivelli che mi disse che non callava perchè non c’era più legno su cui far crescere il tessuto nuovo (avevo scavato… troppo) e mi propose di tagliare ancora un po’… cosa che su due piedi non feci; nell’inverno discutendo con varie persone mi decisi a tagliare… e così a primavera avevo affettato un altro pezzo di quel lato martoriato: ormai era proprio contuso! Nella primavera applicai anche un trapianto per vedere cosa stesse accadendo… e le radici stavano finalmente crescendo! Armato di tronchese abbassai le zampe di gallina fino dove possibile, scortecciai e ancora solito vaso con solito composto.

La stagione vegetativa 2012 andava al solito (bene), ma stavolta lasciando andare timidamente i rami… timidamente iniziò a chiudere la parte ‘contusa’; in autunno Nicola mi disse che lasciando andare di più i rami avrei anche fatto chiudere meglio il taglio. Non applicai il trapianto.

L’anno 2013 ha visto l’acero contuso con parecchi e lunghi rami sacrificali a fare da antenne di crescita.

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Marzo 2013. Tra i miei buergeriani è quello che germoglia col colore più bello.

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Estate 2013, rami di sacrificio.

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Autunno 2013.

Nello strano inverno del 2013/2014 (freddo intenso e improvviso in novembre, poi temperature miti (per il periodo) fino ad oggi) se ne è stato abbastanza tranquillo (salvo potatura dei rami lunghi)… ma oggi, 18 febbraio 2014, trapiantato!

Iniziamo la carrellata di fotografie (per una volta ci sono anche loro in modo dettagliato!):

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Ora che vedo la foto per intero sullo schermo del pc mi rendo conto che potrei forse abbassargli l’apice… vabè, vedremo!

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Direi tutto bene là sotto!

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Per prima cosa inizio col grattare la parte superiore del terreno.

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Per districare al meglio la zolla asporto direttamente ‘a forbici’ la parte più profonda (in questo caso mi sono regolato tagliando più o meno sopra alla massima concentrazione di radici lunghe).

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Panoramiche della ‘fetta’ di terreno e radici (per la verità composta più da queste ultime) asportata.

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Come resta la zolla della pianta; si intravedono ‘emergere’ alcune radici più grosse con andamento fittonante. A questo punto si potrebbe iniziare a lavorare sulla rimozione della terra, ma le radici laterali sono belle aggrovigliate… tanto da dar fastidio alle operazioni. E così… zac!

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Sempre con le forbici taglio una fetta di radici laterali tutta attorno la zolla; la seconda foto illustra quante radici ho rimosso con questo sistema.

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Come rimane la zolla dell’acero contuso dopo la rimozione della parte sotto, delle parti laterali e la grattatura della parte superiore. A questo punto si potrebbe procedere nel rimuovere la terra con la bacchetta di bambù e un bel po’ di pazienza… e così piazzata la pianta nell’orto ed effettuo un lavaggio radicale sparando l’acqua a pressione direttamente sulla zolla (meno fatica!).

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A radici pulite si riesce a vedere la situazione. Ne son cresciute di nuove anche in posti in cui prima non c’erano, ma ne servono altre: il piede va migliorato! Probabilmente dovrei provare con innesti di radici… ma non ho mai provato e ormai l’acero contuso ha una via: scortecciare e sotterrare! Stavolta, però, mi limito a fare qualche buchetto dove spero nasceranno radici… poi sotterrerò tutto molto più in basso rispetto prima.
Ma vediamo i difetti ‘messi a nudo’ dopo la potatura radicale:

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Si nota come le radici creino una specie di ‘ponte arcuato’: non partono tutte dallo stesso livello.

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Da questa inquadratura si nota la cicatrizzazione dei monconi derivanti dall’asportazione delle zampe di gallina… ma c’è ancora molto da fare! Si nota, inoltre, cosa intendevo per ‘forma schiacciata’ (nella foto il tronco della pianta si espande in larghezza, ma non in altezza): secondo gli esperti è un modo pressochè certo per capire che la pianta è stata coltivata.

Passo alla fase di trapianto vera e propria.

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Come contenitore utilizzo una cassetta di legno fatta da me (tagli un legno e qualche chiodo…): è bassa, cosa che aiuterà nella crescita radicale radiale e non profonda (allargherà il piede), ed essendo in legno non trattato aiuterà la traspirazione del terreno. Nella fattispecie questa è ‘di recupero’: l’anno scorso c’era dentro non ricordo che altra pianta… è ancora buona: un altro anno riuscirà a farlo senza problemi. I fili di ancoraggio sono già disposti pronti per l’uso.

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Metto lo strato di drenaggio: akadama grossa e carbone di legna.

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Verso un piccolo strato di terra di coltivazione (akadama media) a creare una ‘montagnetta’ su cui adagio l’acero contuso curando che non ci siano sacche d’aria (zone di non contatto tra terra e radici).

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Pianta alloggiata, prossimo passo legatura con i fili di ancoraggio (importantissima!), si riempie di akadama media curando di non lasciare sacche d’aria.

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A lavoro ultimato, prossimo passaggio abbondante annaffiatura e poi dritta in serra fredda fino all’apertura delle gemme.

Già, ma la parte contusa?

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Eccola come si presenta oggi.
Prossimo step: crescita libera del ramo sacrificale in modo che tiri molta linfa, fatto che aiuterà nella chiusura… sperem!!!

2 risposte a “Acero ‘contuso’

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